Andare di corsa.
Lavoriamo di corsa, facciamo la spesa di corsa, abbiamo relazioni di corsa. Le nostre esperienze diventano frugali e fugaci, un po' come certi pasti consumati in piedi, appoggiati al lavandino, se siamo a casa, oppure al bancone di un bar, se ci troviamo fuori. Sono cose accadute più o meno a tutti e, se solo per poche volte, in occasioni sporadiche, possono anche essere state piacevoli.
Se, però, queste eccezionalità diventano regolarità le cose cambiano. In peggio.
Il nostro cervello, accortosi che questa modalità funziona (perchè è lui, in fondo, che ce l'ha consigliata), la registra come un'istruzione da seguire anche in contesti che con la fuggevolezza non dovrebbero avere niente a che fare, come nel tempo che trascorriamo tra noi e noi e tra noi e gli altri.
Quando siamo immersi in questo loop infernale abbiamo l'illusione di fare molte più cose; in realtà, non è così. La quantità è sempre la stessa, è solo l'ansia che aumenta, dandoci la sensazione di essere più produttivi. Un minimo di ansia è uno stimolo ad agire. Se, però, diventa eccessiva, ci blocca. Il battito cardiaco accelera, il pensiero è confuso, gli arti tremano, ci manca l'equilibrio.
Così, cosa riusciamo a portare a termine ma, soprattutto, come? Cala il rendimento perchè diminuisce la lucidità e, di conseguenza, la qualità. Arriviamo a fine giornata, o settimana, che siamo consumati e vuoti, con in circolo ancora una dose di adrenalina che non ci concede nemmeno di sedere.
Arrivano insonnia e disturbi del sistema immunitario, gli ingredienti perfetti per far aumentare l'ansia, che magari sfocia nel panico o, peggio, in uno stato depressivo, il tutto accompagnato da degli ottimi fastidi digestivi. Fino a che, il nostro caro e intelligente corpo, non decide di fermarci, con le maniere pesanti.
Tutto questo ha una via d'uscita.
Posto che magari non possiamo cancellare tutti gli impegni in agenda e decidere che, per una settimana, ci chiudiamo in qualche eremo, proviamo a portare, simbolicamente, l'eremo nelle nostre giornate.
Alleniamoci a rallentare, perchè non ci siamo più abituati.
Possiamo iniziare dalla lettura di questo libro di H.D. Thoreau: "Walden, ovvero vita nei boschi". Forse l'esperienza diretta vissuta e narrata dall'autore è un po' estrema per noi, ma può darci degli spunti di riflessione, in particolare nella relazione tra uomo e natura, che è il primo aspetto da coltivare per capire che tutto funziona meravigliosamente, sia che si vada alla velocità della luce sia che si rallenti. A questo punto, meglio rallentare, no?
Un altro aspetto che può aiutare nel training di rallentamento è fare delle ricerche sulla propria storia di famiglia. Pensiamo ai nostri bisnonni, magari all'inizio del secolo scorso. Le loro giornate erano scandite da ritmi più lenti; avranno avuto altri problemi, però vivevano in linea con i processi naturali, inclusi quelli del corpo. Ritrovare vecchie lettere e fotografie ci riporta un po' alla loro epoca. Anche il solo toccarle, sentendo la loro forza tra le mani, è lenitivo. A me fa l'effetto di una tisana, mi scalda in profondità, e rallento spontaneamente.
Una terza possibilità è quella di raccontarsi a voce alta la propria giornata, prima di iniziarla e quando è finita, limitandosi ai contenuti oggettivi (oggi vado, faccio - sono andato, ho visto...). Serve proprio a mettere in luce i nodi responsabili del nostro incedere. Provate questo esercizio per una settimana. Noterete che i nodi inizieranno a sciogliersi da soli, invitandovi, anche qui, a mantenere un passo più lento.
Buona e lenta settimana,
Cristina