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  • Immagine del redattoreCristina Ferina

Errare di Valutazione


No, non ho sbagliato. Ho scelto deliberatamente errare anziché errore.

In fondo, il senso è un po’ lo stesso.


In una fase di valutazione, ci si sposta da una considerazione all’altra, si saltella tra la sponda, un sasso, un filo d’erba, un tronco d’albero, ovvero un'opinione, un pensiero, un labirinto di sensazioni, per cercare di comprendere la qualità dell’evento che si sta vivendo, vagando senza punti di riferimento, togliendo spazio alla consapevolezza e alla chiarezza, in virtù di un sentire illusoriamente creativo che si rinnova sempre nelle stesse dinamiche.

Nella valutazione, facilmente, ci si lascia abbagliare da quel raggio di luce che, con un traiettoria perfetta, dopo aver fatto fare il giro dei cantoni, va proprio a centrare la ferita, quella che il più delle volte giace sul sasso più lontano dalla sicura sponda. In genere, si tratta proprio di Quella Ferita, che, ingenuamente, si pensava ormai rimarginata.


E non si vede più. Si diventa, improvvisamente, non solo ciechi, ma anche sordi, muti, orfani, apolidi. Storditi e confusi, come sotto l'effetto di qualche strana droga, ci si muove, con precisione chirurgica, verso la direzione... attenzione, attenzione... sbagliata.


La direzione sbagliata, o diversamente giusta, scelta nella fase di valutazione, è un po' come una palude che, progressivamente, risucchia, portando giù, e ancora più giù, fino al punto, ahinoi, di non ritorno. O almeno, fino al punto dal quale diventa assai difficile riuscire a risalire in superficie senza aver lasciato là in fondo qualcosa di prezioso, che poi dovrà essere ricostruito attraverso un percorso simile alle fasi di allattamento e svezzamento. Non importa l'età; se la ferita magnetica è ancora aperta, nella palude ci si può finire anche "da grandi", da strutturati, e pure consapevolmente. Il che è anche peggio, perchè la materia, da adulti, è molto meno malleabile.


In che modo si può evitare di scivolare così in basso?


In un solo modo: accorgendosi, spostando lo sguardo verso la verità, che è, come lo intendo io, osservare il processo, nel qui e ora, sentendo, sentendo davvero, quel benedetto sesto senso che mette in guardia dai pericoli, imparando ad evitarli accuratamente ancora prima di affrontarli, a non cascarci totalmente dentro, mettendo in gioco tutta la forza necessaria per fare un bel dietrofront, e ringraziando profondamente per il rischio appena scampato, che non avrebbe affondato autentiche radici ma solo gettato i rami, già secchi, di un inganno.


Banale, gratuito, intenzionale, egoistico.


E cancellato. Ancora prima di iniziare ad errare alla ricerca di qualcosa che mai sarebbe stato.


Buoni giorni,


Cristina


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