Ogni anno, l'autunno si conferma la stagione della caduta (non a caso, in inglese autunno si dice proprio fall); una caduta simbolica e stimolante nonostante sia poco piacevole.
In questo periodo subisco un'inflessione graduale verso il basso, fatta apposta per accompagnarmi dentro a tutte quelle cose che "anticipano", per necessità, "l'anno che verrà": scadenze, planning di ogni genere, appuntamenti... in un certo senso, il nuovo anno dovrebbe iniziare proprio in autunno per la quantità di impegni che si accumulano.
Da qualche anno, però, arrivo abbastanza preparata. Con il tempo, e forse anche con l'età che avanza, certamente più vicina a quella della maturità, sono riuscita a crearmi una "stanza tutta per me", per dirla alla Woolf, di decompressione, che abito tra un impegno e l'altro. Una camera iperbarica in cui sosto prima di procedere oltre, che mi piace arredare con gusto, rendendo gradevole l'attesa.
La sensazione che mi attraversa è quella di essere appesa, proprio come le foglie della foto che ho scelto per questo post, che si abbandonano secondo un ordine preciso quando si è esaurito il compito per cui sono cadute quelle precedenti.
Come le pagine di un libro, che si susseguono, una dopo l'altra, fino a completare il romanzo, così fanno le foglie quando cadono.
Ogni foglia caduta, come ogni pagina di un libro girata, è una piccola creazione. Ogni creazione porta a realizzare, un passo dopo l'altro, i nostri progetti. A questi impegni, perchè siano efficaci, dobbiamo dedicare un'attenzione di qualità, sostando prima nella stanza tutta per sè, lo spazio ideale di autorealizzazione e autorigenerazione, dove, oltre a prendere fiato, a volte, scopriamo di possedere potenzialità che non conoscevamo.
La stanza tutta per sè è uno spazio che possiamo crearci in qualsiasi momento, anche solo per pochi minuti.
Ultimamente, le mie giornate sono dense di incombenze, alcune legate al mio lavoro, altre no, me le sono semplicemente trovate tra capo e collo e non ho potuto sottrarmi.
Se non entro nella stanza, ad ogni foglia che cade, rischio di diventare matta, finendo con il fare male quello che invece deve essere fatto bene.
Quando accedo al mio spazio ideale ripercorro per un attimo quello che ho appena concluso, lo guardo e mi congedo, come fosse una persona.
Il congedo è un'azione potente perchè sancisce quello che è appena accaduto tra me e qualcuno o qualcosa, dandogli forza, importanza e rispetto: lo onoro.
Congedata, quindi chiuso un piccolo ciclo, sono pronta a fare qualcosa di mio: mi preparo un caffè (mi piace tantissimo, per me è un piccolo rito), guardo il panorama dal mio studio, esco, svuoto la mente con la meditazione, o faccio qualche esercizio usando libri come questo di Ronald Siegel che è basato sulla Mindfulness (ma ne trovi tantissimi).
Come vedi, la stanza tutta per me, tra una pagina e l'altra, non è niente di eccezionale e si dovrebbe poter accedere in ogni momento, però ho capito che i momenti full sono una buona palestra per imparare ad entrarci con naturalezza. Sempre.
Buona settimana
Cristina