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  • Immagine del redattoreCristina Ferina

La continuità che si interrompe



Mentre tutto in superficie scorre apparentemente senza attriti, immediatamente sotto si muovono delle forze misteriose che riorganizzano la nostra realtà secondo una logica a noi sconosciuta.

Sono le "forze del senso", stupefacenti e cristallizzanti, che ci bloccano in una dimensione senza tempo. Brutali, intense, necessarie. Perché non c'è cosa più dolorosa che sperimentare l'interruzione di un flusso che procede, coerente e armonioso, leggero e sinuoso, in una direzione consolidata.

Inspiegabilmente, nonostante la superficie liscia, la puntina del vinile si blocca in un punto ben preciso, ripetendo alla nausea le stesse note, in una ciclicità travolgente per le nostre storie. Il tempo della negoziazione spinge perché si metta in atto un cambio di rotta, andando addirittura controcorrente, per provare ad osservare Tutto da un'altra prospettiva. Il costo di questa manovra è alto e spesso non ci si sente adeguati.

Si può essere preparati ad uno schianto frontale? No, l'ostacolo ci si presenza innanzi con poco o senza preavviso, o al massimo con un indizio discreto, quasi impercettibile, che diventa una prova certa nel poco tempo che ci separa dall'impatto. Non c'è spazio di integrazione, ed è impossibile crearne. Certi urti sono refrattari all'assorbimento.

Muoversi nella possibilità che la continuità conosciuta cambi improvvisamente forma non è solo un grande esercizio di stile verso noi stessi, ma un vero e proprio atto di volontà. Richiede impegno, dedizione e rispetto. Più siamo allenati di fronte all'eventualità che tutto possa diventare altro, più nutriamo quel lato antifragile che ci appartiene, per non dover, ex post, provare a riparare l'irreparabile.

Il training è del tutto soggettivo, ma il punto di partenza, l'inizio per definizione, è sempre lui: il corpo.

Il corpo accusa il colpo, per citare un gigante nel campo dell'integrazione somatica, Bessel van der Kolk. Insonnia, inappetenza, tensione mentale, iperfocalizzazione, attaccamento eccessivo, regressioni simboliche, il ripresentarsi di sensazioni antiche, di ricordi vaghi ma disturbanti, il vivere ossessivamente e con eccesso di emotività tutto ciò che accade, essere in perenne attesa di qualcosa/qualcuno, avere bisogno di cambiamenti continui, di fare e disfare la propria vita, non importa quale sia l'età.


L'interruzione della continuità è anche questo. Sposta l'attenzione, invade con prepotenza il nostro raggio d'azione ma, soprattutto, chiude la nostra finestra di tolleranza, dimensione preziosa che ama lo spazio e la luce. Credo basti portare a sè l'immagine di una finestra chiusa in una stanza dove non circola l'aria da ore. Quale sentire emerge?

Cosa fare allora per non farsi cogliere impreparati da questa brusca interruzione?

- Abitare il più possibile il presente, apprezzando soprattutto le cose piccole e semplici, anche quelle cosiddette banali (inciso: per me, nulla è banale).

- Onorare i traguardi raggiunti, tutti, non solo quelli che fanno rumore. Genera self-confidence.

- Provare a superare quel limite, ogni tanto, andando oltre le proprie convinzioni di fondo. Se non tollero il piccante -cosa vera- una volta a settimana metterò una piccola quantità di peperoncino nella pasta, per portarmi al livello successivo di accoglienza.

- Prima di diventare le versione migliore di noi stessi, proviamo ad incontrare la peggiore, perché è proprio lì dentro che dimorano le virtù della prima. Altrimenti saremmo solo una figurina incollata sulla superficie. - Concedersi l'opportunità di sbagliare.


La continuità, ciclicamente, si interromperà comunque perché partecipa al processo vitale, ma almeno, lo sgomento derivante da quell'urto inevitabile potrà essere trasformato, rinnovato o recuperato. Io, oggi, ad esempio, dopo tanto tempo, ho ripreso a scrivere.


(per un'amica, entrata anzitempo, interrompendo un'infinità di continuità, nella stanza accanto)



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