Più o meno intenzionalmente, o per distrazione, è assai facile ferire l'altro attraverso una frase, un'azione, una scelta.
Accade in uno spazio in cui non esiste più il confine, dove la soglia svanisce, evapora, al suono di quella parola, al compimento di quel gesto. Parole e gesti che si trasformano in fendenti offensivi, in strumenti di conquista presuntuosa, con la quale ci si arroga il diritto di definire, in modo assolutamente arbitrario, la storia... dell'altro.
E' un momento in cui si manca di presenza, di accoglienza. Un'assenza totale di gentilezza dove il corpo ritorna, per un attimo sufficientemente lungo, ad una memoria implicita legata, il più delle volte, ad una ferita non ancora completamente rimarginata, che si riapre proprio per quella parola o quel gesto. Un dolore pungente, urticante, una resa immediata, che getta una conferma illusoria sui presunti fallimenti del passato.
Primo principio della rivoluzione gentile: non si fallisce mai. Si è semplicemente diversamente vincitori. Cambia la prospettiva, cambia il senso dell'esperienza. Se si pensa di aver fallito, è perchè qualcosa si è fatto. E il fare, oltre ad essere un privilegio, è già di per sè una vittoria. Una vittoria da celebrare con se stessi. Anni fa ho avviato un'attività che purtroppo non è decollata come avrei voluto per sopraggiunti ostacoli di forza maggiore... pazienza, grazie a quell'esperienza ho imparato a gestire una realtà complessa.
Secondo principio della rivoluzione gentile: il passato non è una gara a chi ha fatto di più, e nemmeno a chi ha fatto qualcosa di diverso. Si è fatto ciò che andava fatto, ed è solamente passato. Punto. E a capo. Onoriamo reciprocamente il nostro vissuto perchè alimenta il terreno sul quale fiorisce il presente.
Un presente nel quale ci si incontra anche per ri-ferirsi, un'occasione per rimettere mano ad una piaga ancora aperta. E curarla. La relazione è un' opportunità per guarire, una strada verso la remissione completa dei sintomi, verso l'elaborazione del dolore. Recentemente, mi è stato detto che una certa cosa, in passato, è andata male solo per colpa mia. Dopo aver riflettuto sull'etimologia della parola colpa, realizzando di non aver infranto nessuna legge morale o religiosa, e sul fatto che nelle relazioni si parla di responsabilità (e non di colpa), mi sono messa automaticamente il cuore in pace.
Terzo principio della rivoluzione gentile: il dolore, elaborato, può fare miracoli. Uno tra questi è cambiare radicalmente la propria visione di fondo e, di conseguenza, anche quella periferica. Fino ad oggi abbiamo creduto di volere, o non volere una certa cosa? Prepariamoci a poter desiderare qualcosa di diverso da prima. Siamo esseri umani, grazie al cielo, e non macchine. Io odiavo lo studio, ho anche perso un anno al liceo, la mia prof. di italiano mi prendeva in giro per il mio modo di scrivere, mi dava sempre l'insufficienza nei temi; oggi ho svariati titoli, tra cui una laurea e due master. E gestisco un blog.
Nella rivoluzione gentile si definisce sempre il confine, si tratteggia il perimetro della soglia, si portano a compimento le espressioni mancate, si integrano le esperienze pregresse, si accoglie l'altro per come è (e non per come vorremmo che fosse), si accettano e si muovono anche le critiche (essere gentili non vuol dire essere remissivi), ci si spoglia del superfluo per raggiungere l'essenziale, ci si contamina, meravigliosamente, con la bellezza non manifesta che muove le relazioni. Tutte.
Diventiamo portatori sani di rivoluzione gentile.
Buona settimana,
Cristina