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  • Immagine del redattoreCristina Ferina

Supera quel limite, almeno una volta


... e poi vedi... magari ti viene voglia di superarne altri.


Perchè si compia il nostro tutto, perchè si diventi realmente chi siamo, e non chi vogliono che noi siamo, perchè si stia bene, in accordo con la nostra natura, alcuni limiti, interiori, devono necessariamente essere superati.

Mantenere una velocità di marcia impostata anni fa, oggi, non è più funzionale, non è più al passo con chi si è, perchè, nel frattempo, qualcosa di altro da quello che eravamo una volta lo siamo, almeno a livello cellulare.

E' come continuare ad andare in giro in carrozza mentre tutti usano le automobili, è un volersi ancorare ad un tempo andato.


Il limite a cui mi riferisco è una dimensione, una bolla, un circuito, con funzione protettiva, che nasce da una volontà arcaica di salvaguardarci dai pericoli. Un limite di velocità fisso in macchina è sano, evita che si creino incidenti potenzialmente pericolosi, mentre nella vita, no. Quel limite va rimodulato, costantemente, e spostato, in avanti, esattamente come il tempo lineare nel quale siamo tutti calati.

E' auspicabile, riposizionando il limite, compiere degli sbagli, funzionali alla crescita, all'incontro di nuovi limiti, che verranno poi oltrepassati al momento opportuno. In tempi maturi, i frutti cadono dall'albero. Così è anche per quel limite: ad un certo punto, chiede di essere trasceso, di essere spostato più in là, reclama la sua evoluzione.

Superare quel limite è mettersi a giocare il gioco della vita, con rischi e benefici; e questi ultimi, grazie alle giuste strategie, possono essere di gran lunga superiori ai primi.


Come ci si accorge che bisogna spostare il paletto più avanti? Ad un certo punto, lo chiede il corpo. Le fasi evolutive, di crescita, di passaggio, come quella dall'età adolescenziale a quella adulta, per esempio, sono radicate nella nostra biologia. Se evolviamo biologicamente, vuol dire che tutto in noi necessita di fluire in questo cambiamento. Se anche solo una parte di noi si oppone, blocchiamo un processo, con il rischio di rimanere, di volta in volta, impantanati in uno spazio che non ci appartiene, sempre più stretto ed angusto, soddisfacendo le aspettative di altri e disattendendo le nostre.


Il corpo ne risente. Diventa un ricettacolo di strane sensazioni, sintomi inspiegabili, di varia natura.

Iniziamo ad essere insofferenti alla realtà che ci circonda, probabilmente tratteniamo anche tanta rabbia, siamo irrequieti e insoddisfatti, ci manca la volontà, ci sembra di girare a vuoto e di perdere il nostro tempo. Ricadiamo, ciclicamente, nelle stesse identiche crisi, diventiamo pessimisti, siamo letteralmente invasi dalle profezie autoavveranti, perdiamo la fiducia nelle nostre capacità. Ci sembra di non essere bravi in niente.


Ho provato queste sensazioni in alcune fasi della mia vita che, ho compreso grazie al famoso senno di poi, chiedevano solo di essere trasformate. La vocina interiore mi diceva: cosa fai ancora qui, in questo posto? Non lo vedi che non fa più per te? Lo senti questo bruciore di stomaco? E questo mal di testa? Oddio l'ansia, mamma mia l'attacco di panico, e pure la lombalgia... l'insonnia, le vertigini... la tachicardia...


Sono tutti segnali che ti invitano ad andare oltre, verso una simbolica e costante adultità ad accogliere, adesso, il nuovo e il giusto per te, lasciando andare ciò che non ti rispecchia più. Non fermare il tempo, concediti di scorrere con lui, asseconda il tuo ritmo. Prova a superare quel limite, anche solo una volta. Forse all'inizio hai un po' paura, come è naturale che sia. L'adattamento è la fase più difficile, ma anche quella più stimolate.


Di superamento in superamento, i limiti, alla fine, si infrangono da soli.

Non mollare.


Buona settimana,


Cristina


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