Riempire lo spazio ha due facce. Una nobile, l'altra, pur possedendo certamente una sua funzione, un po' meno (almeno per me).
C'è un riempire lo spazio con attività costruttive, dalle quali germoglieranno i semi di esperienze altrettanto edificanti. E poi c'è l'altro: quello desertico, un "pieno vuoto" (o un vuoto pieno), fine a se stesso che, con certezza quasi matematica, spesso intuibile già dagli albori, non avrà evoluzione alcuna.
Riempire lo spazio è una richiesta sempre più incessante in questo nostro tempo, ed è diventato quasi un obbligo morale. Non si può stare senza... senza fare qualcosa, senza relazioni, senza progetti, senza questo e senza quello. Perchè?
Perchè è sempre più difficile dimorare negli spazi vuoti, dove non si fa altro se non godere della compagnia, e della presenza, di noi stessi.
Una prospettiva stimolante, ma anche terrificante, con le caratteristiche dell'horror vacui, del vuoto che fa paura.
In realtà, il vuoto, è tra le risorse più pregiate, insieme alla semplicità (che è anche una delle sue qualità). Il vuoto si dona generosamente, offrendo delle opportunità, che noi spesso non vediamo, e per questo lo riempiamo con qualcosa che non mi convince poi nemmeno tanto, ma almeno faccio qualcosa. Passo un po' il tempo, almeno non mi annoio troppo, meglio che stare a fare niente. In sintesi: disseto il mio Ego (mi ci metto anche io).
In base alla mia esperienza, e raccogliendo anche le storie delle persone che mi circondano, amici e clienti, riempire lo spazio pur di riempirlo nasce dalla somma di noia e paura, che nel corpo si trasformano in sensazioni poco piacevoli dalle quali si preferisce bene fuggire. Siamo umani, ci mancherebbe!
La noia, in genere, appesantisce, mentre la paura contrae. Pesantezza e contrazione, insieme, sono letali. Provate a sentirle, riportando alla memoria qualche situazione in cui eravate annoiati e spaventati. A me, personalmente, così come si presentano, non piacciono.
C'è un Però.
Se, invece di scappare come Beep Beep da Wile E. Coyote, sostassimo qualche istante in più con Noia e Paura, quindi con Pesantezza e Contrazione, quante nuove cose di noi potremmo scoprire! Qui c'è il post in cui scrivo di Paura.
La noia e la paura, emozioni forti, di quelle che danno gli schiaffoni, sono solo la voce di un sentire che arriva da lontano e ci invita a cambiare qualcosa, e non solo in superficie, per evitare di colorare di grigio il tempo che stiamo trascorrendo, che sarà solo e sempre goduto a metà... nelle relazioni, negli hobby, ma anche nel lavoro.
Un tempo a metà, vissuto per mettere momentaneamente a tacere Noia e Paura, è un tempo non autenticamente goduto, con strascichi di delusione e amarezza.
Molto meglio lasciare quello spazio vuoto per accogliere, attraverso il sentire del corpo, l'invito a scegliere il colore da usare per riempirlo, che non abbia il sapore sciapo del ripiego, ma che sia intenso e definito, tipico della conoscenza sicura di quello che si sta per fare. In questo, il pensiero orientale, ha tanto da insegnare, ecco perchè vi propongo queste due letture:
- Shunryu Suzuki-Roshi, Mente Zen mente di Pincipiante (ed. Ubaldini)
- Daisetsu Teitarō Suzuki, Dottrina zen del vuoto mentale (ed. Ubaldini)
A presto,
Cristina